Racconti della vanità

L’altro giorno ho finalmente pubblicato la mia nuova fatica. Si tratta di un libro di Racconti che ha per argomento principale la vanità.

Trattandosi di racconti non è faticoso da leggere. Magari servirà per qualche riflessione e anche per qualche sorriso

Questa che segue è una parte della mia prefazione al libro che, per il momento, è in vendita su Amazon al seguente indirizzo:

https://www.amazon.it/s?k=germano+capurri+racconti+della+vanit%C3%A0&__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&crid=32UETMWBFJSIC&sprefix=germano+capurri+racconti+della+vanit%C3%A0%2Caps%2C105&ref=nb_sb_noss

Tutte le cose che scrivo sono vere e sono fiction, nella costante frammistione tra persone e personaggi, che rappresentano tutti porzioni della nostra vita, divisa tra fiction e realtà. Stavolta ho voluto fare un lavoro che comprendesse racconti e poesie e ho selezionato 16 racconti e 16 poesie, attinenti ai temi che intendevo trattare.
Un piccolo racconto della collezione si intitola “Tre e trentadue” e immagina e racconta gli ultimi momenti di due ragazzi qualsiasi, la notte che alle tre e trentadue si fermò l’orologio a L’Aquila: quella notte del 6 aprile 2009, che ha fermato il cuore della gente d’Abruzzo con quel terremoto devastante. E allora eccomi qua con un libro che parla di immagini colte in un attimo o lungo decenni, di vicende, di persone, di Abruzzo, trattandosi della mia terra, quella terra dalla quale traggo da sempre energia. L’unico vero senso di appartenenza che non mi delude.
Ritengo di appartenere all’Abruzzo come una zolla di terra mischiata di terra di mare, di monti, di colline; come una tazza d’acqua che comprenda il nostro mare Adriatico, le falde acquifere del Gran Sasso, la neve della Maiella.
Tra chi mi legge c’è sicuramente chi mi ha insegnato l’amore “appiccicato, quello che ci vuole la colla – per dirla con le parole di chi me lo disse quando aveva appena quattro anni – e così non ci possiamo staccare”, e non lo vogliamo, qualunque cosa accada. Io mi auguro che questa cosa che ho scritto metta voglia a tutti di “appiccicarsi”, ma con la colla, quella forte che non si stacca e che non ci fa avere paura del lupo, quando arriverà, perché il lupo mangia perché ha fame, non perché è cattivo.
Il senso di questo lavoro non è raccontare storie e storielle come ce ne sono tante, ma raccontare un vissuto, una sorta di piccolo romanzo della vita, con racconti e poesie scritti nel tempo, prendendo spunto dalle mille considerazioni che si affacciano nella vita dell’uomo, nei mille momenti che la compongono e la contengono. E cercare di trarre delle conseguenze, tra le quali una è contenuta nel titolo di questo lavoro: tutto è vanità, alla maniera di come si dice nel Qoelet, ma visto anche in modo naturalmente laico: Tutti i fiumi vanno al mare, eppure il mare non è mai pieno: raggiunta la loro mèta, i fiumi riprendono la loro marcia (Qoelet 1,7).
Se la morte è l’unica conclusione della vita allora tutto è vano. Ma perché, se è vero che tutto è vano e che siamo venuti nudi e nudi ce ne partiamo, tutti facciamo la corsa per avere di più, contare di più, spendere di più? Allora forse si vuol dire che tutto è vanità tranne ciò che non lo è. E siamo qui tutti alla ricerca di ciò che non lo è. Non voglio dare risposte: sarebbe troppo semplice, troppo didascalico, troppo escludente.
Questo lavoro è dedicato a tutti i figli del mondo, piccoli, dolci, tremendi, tenacemente “appiccicati” all’amore del momento; a tutti i bimbi, da quando nascono a quando muoiono, per non morire più. Sempre alla ricerca del senso della vita, nostro eterno cammino. Ogni cosa che si cerca nella vita, che non sia davvero l’essenziale per la vita stessa di ciascuno di noi, non nasconde altro che vanità.

Se vi va BUONA LETTURA, altrimenti va bene lo stesso. È sempre un piacere scrivere! 🙂